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Responsabilità dell’amministratore di sostegno e risarcimento del danno

L’amministratore di sostegno può essere considerato responsabile per l’attività svolta ed essere tenuto ad un risarcimento nei confronti del beneficiario?
È questa, probabilmente, la “domanda delle domande” quando si parla di amministrazione di sostegno e di tutela delle persone fragili.
Cosa prevedono esattamente le norme su questo aspetto?

“Ci sono danni e danni, alcuni devono e possono essere riparati, altri no.”

L'amministratore di sostegno e le tutele per il beneficiario

Nel momento in cui il giudice tutelare nomina l’amministratore di sostegno affida a quest’ultimo un preciso incarico che, generalmente, riguarda sia la cura della persona fragile che la gestione degli aspetti di natura patrimoniale.
All’amministratore di sostegno vengono delegati particolari poteri di agire nell’interesse del beneficiario e, come sempre avviene quando si tratta di intervenire, anche in maniera invasiva, nella sfera di un altro soggetto, le norme prevedono diversi strumenti di garanzia e tutela.

Nel caso dell’amministrazione di sostegno una prima indicazione in questo senso è data dalla presenza del giudice tutelare, al quale è affidata la gestione di tutto il procedimento, anche dal punto di vista dell’attività di controllo dell’operato dell’ads.
L’ads è poi tenuto a presentare, periodicamente, una relazione circa l’attività svolta in modo da garantire anche in questo modo la necessaria trasparenza nello svolgimento dell’incarico oltre che per dare la possibilità al giudice di valutare la necessità di eventuali aggiustamenti e rimodulazioni dell’incarico iniziale.

Per quanto una certa diffidenza nell’affidare la gestione degli interessi di una persona ad un terzo estraneo sia quasi “fisiologica”, la presenza del giudice tutelare e l’obbligo del rendiconto sono due elementi di forte garanzia per la persona amministrata.
A questi se ne aggiunge un terzo costituito dal fatto che, in caso di operazioni c.d. straordinarie, cioè di particolare importanza (come potrebbero essere, ad esempio, la vendita o l’acquisto di un immobile, l’accensione di un mutuo, ecc), l’amministratore di sostegno deve preventivamente munirsi di una specifica autorizzazione rilasciata dal giudice tutelare.
In mancanza di tale autorizzazione, – che in un certo senso allarga i confini del proprio incarico -, l’ads non può concludere l’operazione per il beneficiario e, qualora lo facesse ugualmente, l’atto compiuto sarebbe annullabile.

L’annullamento degli atti compiuti dall’amministratore di sostegno in violazione di norme di legge o in eccesso rispetto ai poteri conferiti dal Giudice Tutelare, nonché degli atti compiuti personalmente dall’amministrato in violazione di legge o del decreto di nomina, può essere chiesto, entro 5 anni dalla cessazione della misura di protezione in questione, dall’amministratore di sostegno, dal Pubblico Ministero oppure dal beneficiario e dai suoi eredi o aventi causa.

Il danno risarcibile dall'amministratore di sostegno

Il tema della responsabilità dell’amministratore di sostegno e del risarcimento del danno nei confronti del beneficiario è stato affrontato da una recente sentenza del Tribunale di Genova, n. 2 del 2 gennaio 2025.
La vicenda riguardava, in particolare, un’operazione immobiliare compiuta da un primo amministratore di sostegno, regolarmente autorizzato dal giudice tutelare, nell’interesse del beneficiario, ma ritenuta invece non conveniente dall’ads che è succeduto al primo nell’incarico.
Per questo motivo è stata promossa la domanda per accertamento della responsabilità del primo ads e richiesta di condanna di quest’ultimo al risarcimento dei danni che il beneficiario avrebbe subito a causa dell’operazione giudicata non conveniente.

 

Il rapporto tra amministratore di sostegno – soggetto amministrato e giudice tutelare

Nella procedura di amministrazione di sostegno i soggetti coinvolti sono essenzialmente tre, ossia l’ads, il beneficiario e il giudice.
Gli strumenti di garanzia e tutela indicati in precedenza se, da un lato, regolamentano proprio tali rapporti anche con la finalità di prevenire il sorgere di situazioni problematiche, dall’altro, non permettono però di escludere che, in astratto, l’ads possa comunque porre in essere condotte, che pur autorizzate dal giudice, siano comunque lesive degli interessi del beneficiario.

In altre parole, questo significa che, anche se autorizzata dal giudice, l’operazione posta in essere dall’ads potrebbe comunque rivelarsi dannosa per il beneficiario e, quindi, potenzialmente legittimare una richiesta di risarcimento danni.
Si tratta, in ogni caso, di valutazioni che devono essere effettuate volta per volta e con riferimento alla situazione specifica oltre che con riguardo alle specifiche esigenze e necessità della persona fragile.

L’ads, nello svolgimento del proprio incarico, può essere sempre chiamato a rispondere a titolo di responsabilità civile per omissioni o cattiva gestione nei confronti del beneficiario, limitatamente agli atti e ai compiti indicati nel decreto di nomina.
Tuttavia, potrà essere chiamato a rispondere dei danni eventualmente causati al beneficiario se compia atti con negligenti, eccedenti rispetto all’oggetto dell’incarico o ai poteri conferiti dal Giudice Tutelare (ndr: essendo sempre possibile in questo caso l’annullamento di cui sopra) oppure contrastanti con gli interessi del beneficiario.

 

E se l’ads fosse un avvocato?

Nel caso in cui a ricoprire l’incarico di amministratore di sostegno sia un avvocato, cioè un professionista iscritto all’albo, qualora si verificassero situazioni che potrebbero causare danni al beneficiario oltre alle responsabilità di cui si è detto in precedenza ci sarebbero quelle ulteriori previste sul piano deontologico e disciplinare.

Infatti, se l’ads – avvocato agisse in conflitto di interessi con il beneficiario potrebbe incorrere nella sanzione della sospensione dall’albo e quindi dall’esercizio della professione per 2 anni, risultando violati i canoni di lealtà, dignità, probità, decoro, diligenza, indipendenza e competenza, ai quali deve costantemente ispirarsi l’esercizio della professione forense.

È possibile assicurare i danni dell’ads?

Durante lo svolgimento dei propri compiti e del proprio incarico è possibile che l’amministratore di sostegno ponga in essere azioni qualificate dalla legge come reati.
Nel caso in cui si tratti di responsabilità di natura penale, l’art. 27 della Costituzione prevede che la responsabilità penale è personale (ossia ne risponde sempre e solo la persona fisica che lo ha commesso) e, quindi, non può essere coperta da alcuna forma di assicurazione.
Quindi, nel caso in cui l’ads, quale pubblico ufficiale, venga chiamato a rispondere penalmente di peculato, falso, abuso d’ufficio od omissione di atti d’ufficio, dovrà risponderne personalmente non potendo invece essere assicurato per tali reati.

Nel caso in cui l’ads fosse un volontario appartenente ad un’associazione, il Codice del Terzo Settore (e prima l’art. 4 della Legge 266/91, ora abrogato) stabilisce che le organizzazioni di volontariato devono assicurare i propri aderenti per la responsabilità civile verso i terzi, oltre che contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività svolta. Tale assicurazione manleva i volontari dal dovere di risarcire i danni causati a terzi laddove essi abbiano agito nell’ambito dell’espletamento delle mansioni affidategli dall’organizzazioni di appartenenza in attività di protezione civile (addestramento, esercitazione, prevenzione, emergenza…).
Nel caso in cui l’ads non faccia parte di alcuna associazione, è ormai facile reperire anche online diverse soluzioni offerte dalle principali compagnie assicurative per tutelare gli ads nello svolgimento del loro incarico, evitando così il rischio di pesanti conseguenze dal punto di vista economico e personale.

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