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Misure protettive e interessi contrapposti delle parti

Su questo blog si è già parlato di misure protettive in un precedente articolo (dal titolo “L’invincibile (?!?) scudo delle misure protettive nella crisi di impresa“) in cui quale evidenziavo, tra le altre cose, i presupposti necessari per la concessione, le caratteristiche principali nonché l’opportunità di ricorrere o meno a questo strumento.

Un recente provvedimento del Tribunale di Firenze, però, è l’occasione per affrontare nuovamente l’argomento, che, – per quanto non del tutto nuovo -, merita comunque di essere approfondito per le importanti implicazioni nell’ambito del Codice della Crisi.

“La cosa peggiore che si possa fare in una crisi è non fare nulla.” – Theodore Roosevelt

Bilanciamento degli interessi e misure protettive

Nell’articolo precedente sopra richiamato, tra le altre cose, si sottolineava il fatto che la concessione delle misure protettive deve valutare e prevedere un adeguato bilanciamento delle posizioni debitore-creditori e, in ogni caso, essere proporzionata al pregiudizio arrecato ai creditori stessi.
Si tratta, quest’ultimo, di un aspetto importante ma che potrebbe venire (anche volutamente) tralasciato da quei debitori che puntano ad acquisire da tali misure protettive se non un vantaggio, quanto meno una posizione di favore rispetto ai creditori.
Dal momento che la richiesta di misure protettive ha natura cautelare, per la loro concessione devono ricorrere congiuntamente due condizioni, che, trattandosi di crisi di impresa, assumono un contenuto particolare:

  • il fumus boni iuris, ossia che l’impresa ricorrente si trovi “in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza” e che risulti “ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”;
  • il periculum in mora, ossia il pericolo che la mancata concessione delle misure protettive richieste possa pregiudicare il buon esito delle trattative condotte dal debitore con i creditori, mediante l’ausilio dell’esperto.

È facile comprendere che queste condizioni riguardino e tengano in considerazione esclusivamente la posizione della parte debitrice, mentre nessun riferimento viene fatto ai creditori che, in un certo senso, devono “subire” la concessione di tali misure.
Come spesso accade, il tema del disallineamento delle due posizioni, – da un parte, l’impresa ricorrente e, dall’altra, i creditori -, seppur di fatto ammesso dalle norme, è stato preso in considerazione ed esaminato dai tribunali chiamati ad esprimersi su situazioni reali e concrete.

Misure protettive, ossia debitore vs creditori

Una recente ordinanza del Tribunale di Firenze (Sez. V civile, n. 450 del 5 dicembre 2024) affronta proprio il tema della concessione delle misure protettive e del loro contenuto in relazione al bilanciamento degli interessi contrapposti di tutte le parti coinvolte.

La vicenda esaminata dal Tribunale riguarda una società che si trova in situazione di squilibrio finanziario dovuta sostanzialmente al blocco dell’operatività bancaria, a seguito del recesso dai contratti di conto corrente e revoca degli affidamenti e delle aperture di credito da parte degli istituti di credito. Per questo motivo, l’impresa ricorre alla composizione negoziata della crisi richiedendo l’applicazione di misure protettive e cautelari per ripristinare l’operatività bancaria interrotta unilateralmente dagli istituti di credito.
Nel caso venissero concesse le misure come richieste dall’impresa e riattivata l’operatività da parte degli istituti di crediti, questi ultimi si troverebbero esposti a sanzioni particolarmente gravi in applicazione della normativa americana.
Di qui, dunque, la nomina di un custode giudiziario per la gestione di un conto corrente nel quale versare tutte le somme liquide depositate presso le banche da una impresa segnalata dall’Autorità del Dipartimento del Tesoro USA denominata Office of Foreign Assets Control (OFAC), evitando così alle banche il rischio di essere segnalate, a loro volta, dall’OFAC per non avere interrotto i rapporti con l’impresa.

Dunque, sì alle misure protettive ma tenendo conto anche degli interessi contrapposti dei creditori.

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