Ruolo, responsabilità e e reati dell’amministratore di sostegno
Qual è esattamente il ruolo dell'ads una volta in carica e quali sono le possibili responsabilità in cui potrebbe incorrere nello...
Una delle questioni più delicate e di maggior interesse in materia di Amministrazione di Sostegno è quella della responsabilità dell’ads e degli eventuali reati che possano essere commessi durante l’incarico.
Si tratta di capire, in particolare, qual è il ruolo dell’amministratore di sostegno, i “confini” entro i quali può muoversi e le responsabilità che possono derivare dal suo operato. L’ads, infatti, potrebbe commettere (o essere a sua volta vittima di) reati, situazioni che assumono caratteristiche particolari all’interno della procedura.
In questo articolo voglio approfondire questi aspetti anche dal punto di vista delle garanzie previste dalla legge.
La procedura di amministrazione di sostegno comincia a tutti gli effetti con il decreto iniziale, con il quale il Giudice Tutelare conferisce l’incarico all’ads e ne stabilisce il contenuto.
L’ads deve quindi muoversi solo all’interno del perimetro dell’incarico che gli viene conferito, perché ogni operazione compiuta al di fuori o in violazione dei limiti stabiliti potrebbe dare luogo ad eventuali responsabilità.
Come ogni amministratore di beni altrui, anche l’ads è tenuto ad osservare un criterio generale di comportamento definito dal codice civile con l’espressione “diligenza del buon padre di famiglia“.
Si tratta di una sorta di standard di cura e attenzione media che, in un certo senso, si ispira a quello che dovrebbe essere il comportamento prudente e coscienzioso di una persona comune che gestisce i propri affari familiari.
Nell’ambito dell’amministrazione di sostegno (ma anche in tutti gli altri casi previsti dalla legge in cui una persona è chiamata ad amministrare beni di altri) la diligenza in questione è il livello di base del comportamento dell’ads.
Con il decreto di nomina (o con eventuali successive modifiche dello stesso) l’ads può essere chiamato ad agire in assistenza (cioè in affiancamento) o in sostituzione (cioè al posto) del beneficiario.
Le responsabilità dell’ads variano a seconda della tipologia dell’incarico conferito: in entrambi le situazioni, l’ads risponde dei danni causati con dolo o colpa grave verso il beneficiario o terzi, ma il grado di autonomia e i rischi differiscono.
Distinguiamo i due casi:
In sintesi: maggiore è il potere direttivo del giudice tutelare, minore è la responsabilità dell’amministratore di sostegno.
È questo il motivo per cui si ritiene che la responsabilità dell’amministratore di sostegno è in senso lato di natura contrattuale, cioè significa che è una responsabilità specifica e limitata agli atti e ai compiti affidatigli dal giudice tutelare nel decreto di nomina.
Il giudice tutelare può chiedere in ogni momento all’ads di relazionare sul proprio operato. Al di fuori di questa possibilità, all’interno della procedura esiste, però, un momento ben preciso nel quale l’ads deve riferire al giudice: si tratta del deposito del rendiconto periodico.
Il rendiconto è, appunto, il documento con il quale l’amministratore di sostegno informa periodicamente il giudice tutelare dell’attività svolta. Dal punto di vista della gestione patrimoniale, il rendiconto deve indicare tutte le entrate e le uscite del beneficiario nel periodo preso a riferimento, generalmente annuale.
Contrariamente a quello che molti credono, il rendiconto non ha come principale finalità quella di sanzionare eventuali anomalie ma è, ovviamente, una strumento a garanzia del beneficiario, consentendo al giudice di intervenire qualora ravvisasse delle anomalie. Se vuoi approfondire il tema del rendiconto dell’ads, ne ho parlato in questo ebook.
La legge non risponde espressamente all’interrogativo: nel codice è solo previsto che, nel caso di contrasto, di atti dannosi o di negligenza da parte dell’amministratore di sostegno il giudice tutelare, il quale «adotta» gli opportuni provvedimenti.
Il giudice tutelare potrà disporre i provvedimenti richiesti per la cura della persona e per la gestione del patrimonio, come la sostituzione dell’amministratore, non potrà però decidere né sulla ammissibilità, né sulla quantificazione dei danni conseguenti agli atti compiuti dall’amministratore o causati dalla sua negligenza. La domanda di risarcimento dei danni deve essere proposta al Tribunale ordinario.
In questo caso l’amministratore di sostegno deve rispondere dei danni causati al beneficiario o ai terzi, in base alle regole dettate in materia di tutela.
L’ads non risponde in ogni caso dei fatti di rilievo penale posti in essere dal beneficiario.
Per la legge italiana è un pubblico ufficiale quel soggetto che esercita una particolare funzione di natura legislativa, giudiziaria o amministrativa, caratterizzata dallo svolgimento di poteri autoritative o certificativi.
La qualifica non dipende dal tipo di rapporto di lavoro, ma dalle funzioni concretamente svolte: è pubblico ufficiale, ad esempio, il giudice, il notaio, l’ufficiale giudiziario o il funzionario comunale quando agisce nell’esercizio delle proprie attribuzioni.
Questa qualifica comporta specifici doveri e responsabilità penali, soprattutto in relazione ai reati contro la Pubblica Amministrazione.
L’amministratore di sostegno riveste la qualità di pubblico ufficiale, in considerazione della sua potestà certificativa nella redazione dei rendiconti periodici al giudice tutelare e, pertanto, risponde del reato di peculato nel caso in cui, in ragione del proprio incarico, si appropriasse di denaro o di beni mobili del beneficiario.
Oltre agli aspetti visto esaminati sin qui, eventuali responsabilità, se non veri e propri reati, a carico dell’ads potrebbero derivare da una non corretta interpretazione dei decreti del giudice.
Si tratta, in effetti, di un ambito particolarmente delicato: i provvedimenti giudiziali, spesso redatti in forma sintetica o con formule generali, richiedono un’attenta lettura sistematica e una buona conoscenza della disciplina di riferimento.
Emblematico, in tal senso, è il tema della distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, che non sempre risulta immediata e che, nella pratica, può dare luogo a dubbi interpretativi anche rilevanti. Un errore di qualificazione dell’atto può infatti tradursi in uno sconfinamento dai poteri conferiti, con conseguenze potenzialmente dannosi sia per il beneficiario sia per l’amministratore stesso.
Proprio per evitare interpretazioni errate e operare con maggiore serenità, è spesso opportuno richiedere un parere qualificato prima di assumere decisioni delicate: un confronto preventivo consente di chiarire dubbi, prevenire contestazioni e tutelare al meglio sia il beneficiario sia l’amministratore di sostegno.
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