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NDA nei contratti: la clausola che protegge idee, dati e business

Quando nel corso di una trattativa e negoziazione commerciale si comincia a parlare di NDA (che sta per Non Disclosure Agreement), significa che si sta entrando in una fase particolarmente delicata e strategica.

Da questo momento le parti per poter proseguire devono iniziare a “scoprire le carte”, condividere informazioni riservate, dati sensibili o dettagli commerciali fino a quel momento tenuti nascosti.

Si tratta di informazioni sensibili che, oggi più che mai, sono elementi cruciali per imprese e professionisti e che, quindi, devono essere adeguatamente tutelati, perché, se divulgati, potrebbero compromettere l’intero affare o la posizione competitiva di uno dei soggetti coinvolti.

In questo post voglio esaminare gli aspetti redazionali della clausola, cioè come si scrive, cosa deve contenere e cosa invece è meglio non scrivere.

“La privacy non è qualcosa da nascondere, ma qualcosa da proteggere.” – Edward Snowden

Che cos'è un NDA

Il concetto di per sé è semplice, la conoscenza è per sua natura trasferibile ad una infinità di applicazioni diverse.

Questo significa che le informazioni aziendali, i processi produttivi e le esperienze tecnico-industriali e commerciali che sono nati e sono stati realizzati in un determinato contesto potrebbero essere utilizzate generando valore, non solo economico, anche in altre situazioni.
Una loro sottrazione o, comunque, un loro utilizzo improprio potrebbe creare danni rilevanti, anche in violazione del divieto di concorrenza.

È il motivo per cui questi dati e informazioni (nel senso di cui dirò tra poco), anche se non costituiscono oggetto di un vero e proprio diritto di proprietà industriale come segreti industriali, possono e devono comunque essere tutelati.

 

A cosa serve un NDA?

Prima di rispondere a questa domanda, chiariamo un aspetto importante sul quale esiste molta confusione.
Quando si parla di dati e di informazioni, bisogna tenere in considerazione che non tutto può essere tutelato e protetto con un NDA: esistono, infatti, tutto un bagaglio di conoscenze, esperienze, processi produttivi che di per sé sono già condivisi, ossia, come si dice, di pubblico dominio.
Pensare, dunque, di ricorrere ad un NDA per proteggere queste dati potrebbe rivelarsi del tutto inutile (o, in certi casi, addirittura dannoso).

La sottoscrizione di un NDA ha, però, un’importanza fondamentale per tutelare quelle informazioni aziendali che, pur non integrando segreti industriali ai sensi dell’art. 98 del Codice della Proprietà Industriale, consistono in un complesso organizzato e strutturato di dati idoneo a conferire un vantaggio competitivo.
Attraverso l’NDA, dunque, le parti possono qualificare espressamente tali informazioni come riservate, circoscriverne l’utilizzo al solo contesto dell’attività aziendale ed escluderne la divulgazione o l’impiego per finalità estranee o concorrenziali.

L’eventuale acquisizione e utilizzazione di tali dati, nell’esercizio di un’attività imprenditoriale in concorrenza e in violazione degli obblighi di riservatezza assunti, oltre che essere un comportamento contrario alla correttezza professionale, può configurare un’ipotesi di concorrenza sleale nel caso in cui tale condotta fosse idonea a determinare un pregiudizio concorrenziale, anche solo potenziale.

 

NDA o clausola di riservatezza?

Nella pratica quotidiana quando le parti intendono impegnarsi reciprocamente a non divulgare e a non usare impropriamente informazioni riservate, NDA e “clausola di riservatezza” vengono spesso utilizzati come sinonimi. In realtà non è così.

L’NDA è un contratto autonomo ed ha una propria struttura completa: parti, oggetto, durata, eventuali penali, foro competente, ecc.

La clausola di riservatezza, invece, è una singola clausola che viene inserita all’interno di un altro contratto (lavoro, fornitura, collaborazione, licenza, ecc.).

Tecnicamente, quindi, la differenza sostanziale tra NDA e clausola di riservatezza è nella forma e non nella funzione, che in entrambi i casi è quella di proteggere informazioni confidenziali.

 

A chi serve un NDA?

Quando si tratta di proteggere informazioni confidenziali, un NDA serve a tutte le parti coinvolte. Consideriamo un esempio frequente nella pratica: la società A vorrebbe acquisire la società B.

In questo caso, un NDA, da un lato, tutela la società A che prima di acquistare a “scatola chiusa” ha necessità di conoscere il più approfonditamente possibile l’attività, la struttura e il business della società B.

Dall’altro, però, lo stesso NDA protegge anche la società B. Questa, infatti, durante la fase di trattative deve necessariamente condividere alcune informazioni riservate sulla propria struttura e sul proprio business con il potenziale compratore A (spesso un concorrente) e, per questo, ha l’esigenza di garantirsi contro l’indebito uso di tali informazioni in caso di esito negativo delle trattative.

Un NDA, quindi, ha lo scopo di difendere il rispettivo know-how delle parti coinvolte.

Cosa non deve contenere un NDA

Ogni contratto, per svolgere correttamente la propria funzione, deve contenere solo le clausole realmente necessarie allo scopo perseguito. Inserire tutte le clausole possibili non solo è inutile, ma può risultare controproducente, creare confusione e addirittura produrre effetti opposti rispetto a quelli voluti.

Inserire troppe clausole, magari prese da modelli trovati in rete o copiate da altri contratti, spesso non è la soluzione migliore: un contratto per funzionare deve essere chiaro, mirato e costruito su misura della situazione concreta.

Perché sia efficace un NDA, oltre a dire, deve anche non dire.

Così vanno evitate:

  • espressioni vaghe o generali (come ad esempio, sono riservate “tutte le informazioni di qualsiasi tipo” o “ogni informazione comunque appresa nel corso delle trattative“) che rendono l’NDA indeterminato, esponendo a eccezioni di nullità o inefficacia e, alla fine, indebolendo la prova della riservatezza;
  • divieti che equivalgono a un patto di non concorrenza mascherato, come, ad esempio, divieti assoluto di operare nel settore, limiti territoriali o temporali sproporzionati od obblighi di esclusiva non dichiarati come tali. Si tratta di divieti a rischio di nullità;
  • obblighi di riservatezza a tempo indeterminato o di durata irragionevole, senza collegamento al valore delle informazioni;
  • penali manifestamente sproporzionate in caso di violazione della riservatezza (per un approfondimento sulle caratteristiche della penale, potete leggere questo approfondimento).

Un NDA, però, deve anche escludere dalla riservatezza le informazioni già note o pubbliche, quelle acquisite lecitamente da terzi o sviluppate autonomamente e tutti i casi in cui la divulgazione è imposta da obblighi di legge o per ordine dell’autorità.
Anche senza queste eccezioni, l’NDA è facilmente attaccabile.

Quanto costa un NDA?

Il costo di un NDA dipende da quanto valgono davvero le informazioni che si vogliono proteggere.
Un NDA non è un modulo da pochi euro scaricato online ma è, piuttosto, una polizza sul valore dei tuoi dati, delle tue idee, delle tue strategie.

Il costo di un NDA varia in base a diversi fattori, ad esempio:

  • chi sono le parti coinvolte (startup, PMI, multinazionale, investitori, privati, ecc.)
  • che tipo di informazioni devono restare riservate (know-how, dati clienti, codice, strategie commerciali, ecc.)
  • che tipo di operazione si vuole tutelare (partnership strategiche, trattative commerciali o altro?
  • quanto è esteso l’ambito di utilizzo delle informazioni

La vera domanda non è “quanto costa un NDA?” ma quanto ti costerebbe non averlo (o averlo scritto male)?

Perché un NDA fatto male non protegge come dovrebbe ed è difficile da far valere in giudizio.  Un NDA fatto bene, invece, chiarisce subito i confini, previene i conflitti e, soprattutto, tutela il valore economico delle informazioni.

Il costo di un NDA è sempre proporzionato al valore di ciò che stai proteggendo e, spesso, è uno degli investimenti legali con il miglior rapporto costo/beneficio.

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