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Debiti familiari e liquidazione controllata: un caso vero e risolto

Complice anche l’inflazione, cresciuta in maniera significativa negli ultimi anni, quello del caro-vita è un problema ricorrente con il quale le famiglie italiane stanno facendo letteralmente i conti da molto tempo.

Il reddito reale delle famiglie è sceso dell’0,6% nell’ultimo trimestre del 2024 e questa contrazione ha portato con sé una riduzione del potere d’acquisto, una maggiore difficoltà nel sostenere le spese e quindi ad onorare i debiti.

C’è una procedura che può davvero cambiare le cose: la liquidazione controllata.
Aiuta le famiglie a gestire i debiti in modo corretto, tutelandosi e ripartendo da zero.

In questo articolo vi spiego come funziona e vi racconto la vicenda, vera, di una famiglia che ho assistito personalmente.

“Il debito è il padre d’una numerosa figliolanza di follie e di delitti.” – Benjamin Disraeli

Quando ricorrere alla liquidazione controllata?

Esistono oggi diversi strumenti per poter affrontare, gestire al meglio e risolvere le situazioni di crisi economica.
Ne ho già parlato in un altro articolo, “Liberarsi dai debiti legalmente: strategie e soluzioni efficaci“, ma oggi voglio approfondire l’argomento della liquidazione controllata familiare, prendendo spunto da un recente caso reale.

La liquidazione controllata, – che sostituisce la liquidazione del patrimonio prevista dalla “famosa” legge 3/2012 sul sovraindebitamento -, si applica ad un’ampia gamma di soggetti: consumatori, professionisti, imprese minori, imprese agricole, start-up innovative e, in generale, a tutti i debitori non soggetti a liquidazione giudiziale o ad altre procedure liquidatorie speciali.
Il presupposto oggettivo è lo stato di sovraindebitamento.

 

L’avvio della procedura

Per poter ricorrere alla liquidazione controllata è necessario richiedere l’assistenza di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC). L’OCC dovrà:

  • predisporre una relazione sulla situazione economico-patrimoniale e finanziaria dei debitori, oltreché sui motivi e sulle cause dell’indebitamento e sulla diligenza impiegata dai debitori stessi nell’assumere obbligazioni;
  • formulare un valutazione sulla meritevolezza soggettiva di ciascun debitore ai fini del suo accesso alla procedura e sulla convenienza complessiva del piano e sul vantaggio per tutti i creditori rispetto alla sola alternativa liquidatoria.

Nel caso si intendesse richiedere l’apertura di un’unica procedura per il nucleo familiare, dovranno essere verificate anche le ulteriori condizioni di cui dirò tra poco.

Spetterà poi al Tribunale la decisione sull’effettiva apertura o meno della procedura.

In caso di accoglimento della domanda, verrà nominato un liquidatore che predisporrà un piano di liquidazione che dovrà riguardare l’intero patrimonio dei debitori, con alcune esclusioni come i beni impignorabili e quanto necessario al mantenimento dei debitori e della loro famiglia.

La procedura di liquidazione controllata familiare

A determinate condizioni è possibile richiedere l’accesso alla liquidazione controllata per tutti i componenti di un nucleo familiare in difficoltà.

La liquidazione controllata familiare è prevista dal Codice della Crisi di Impresa secondo cui i membri della stessa famiglia possono presentare un’unica domanda se

  1. sono conviventi (ndr: in caso di divorzio, a seguito della cessazione dell’unione matrimoniale, oltre a venire meno la convivenza, non ricorre più questo presupposto) o
  2. quando il sovraindebitamento ha un’origine comune.

Alcune importanti precisazioni:
– i due requisiti sono alternativi tra loro, quindi è sufficiente uno solo;
– nella definizione di “membri della stessa famiglia” rientrano, oltre al coniuge, anche i parenti entro il quarto grado, affini entro il secondo, parti dell’unione civile, conviventi di fatto nelle unioni tra persone dello stesso sesso, regolamentate dalla l. 76/2016.

È possibile accedere a questo strumento anche se un componente della famiglia è incapiente, purché almeno uno degli altri disponga di un patrimonio sufficiente per una qualche forma di distribuzione ai creditori.

 

Il caso risolto

Ho assistito recentemente una coppia di coniugi in situazione di grande difficoltà economica a causa dei debiti che gli stessi hanno accumulato nel corso della loro vita e in varie esperienze di lavoro.

L’indebitamento di entrambi i coniugi era riferibile a precedenti attività di impresa di cui ciascuno di essi era titolare, – attività rivelatesi poi fallimentari -, ai costi di avviamento oltre ad importanti debiti di natura tributaria, solo in parte onorati grazie a varie procedure di rateizzazione ma i cui pagamenti sono stati poi interrotti.

Viene presentata una domanda congiunta all’OCC competente e, successivamente, lo stesso ricorso “familiare” viene depositato al tribunale, evidenziando, tra le altre cose, che i due coniugi, ora entrambi dipendenti, metterebbero a disposizione dei creditori una parte del proprio reddito da lavoro, dedotta la quota necessaria per le esigenze vitali del nucleo familiare.

Il Tribunale, esaminata la domanda e i relativi allegati, unitamente alla relazione del gestore, ha accolto la domanda ed emesso la sentenza di apertura della liquidazione.
Sono stati interrotti i pignoramenti e le cessioni volontarie del quinto dello stipendio già in essere per il marito, in modo da destinare anche tali ulteriori somme ai creditori per tutta la durata della procedura.

 

Risultato: i coniugi hanno continuato a lavorare e a versare regolarmente la quota concordata del loro reddito, mentre tutte le azioni esecutive – pignoramenti, trattenute e solleciti – sono state sospese.

Questo ha permesso alla famiglia di ritrovare stabilità economica e psicologica, potendo nuovamente gestire le proprie spese quotidiane senza la pressione costante dei debiti.

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