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Non c’è alcun dubbio, quando si parla di soldi, di immobili e di ricchezza in genere, donazione ed eredità sono due tematiche “sempreverdi” e nei prossimi anni lo saranno ancora di più!
Per quanto riguarda i trasferimenti di ricchezza, si prevede che in Italia entro il 2030 si assisterà ad un enorme passaggio generazionale, con circa 2.000 miliardi di euro che passeranno dalla generazione dei Baby Boomers alle nuove generazioni.
Si tratta di uno dei maggiori trasferimenti di ricchezza mai visti in Italia e la modalità principale di trasferimento di ricchezza privata è proprio la successione ereditaria.
Inoltre, l’Italia è considerata un “paradiso fiscale” per le successioni, con aliquote molto basse per le imposte di successione, che si applicano solo oltre soglie abbastanza elevate (un milione di euro per coniugi e parenti in linea retta) e con aliquote dal 4% all’8%.
Gli italiani, si sa, sono grandi risparmiatori e detengono una quota molto elevata di proprietà immobiliari. Tra le principali modalità di trasferimento di ricchezza nel paese ci sono senza alcun dubbio la successione ereditaria e le donazioni, con un impatto rilevante sulle dinamiche economiche e sociali a livello nazionale.
Dal punto di vista patrimoniale e successorio, donazione ed eredità sono strettamente legate tra loro.
La donazione, che tecnicamente è un contratto, altro non è un regalo che il donante fa al donatario.
La donazione, però, a tutti gli effetti costituisce un anticipo della (futura) successione del donante, nel senso che alla morte di quest’ultimo anche la donazione dovrà essere fittiziamente ri-considerata nel patrimonio del defunto.
È proprio questo il motivo per cui, dal punto di vista operativo, la donazione può creare problemi nei trasferimenti successivi dei beni donati.
In caso di vendita proprio di questi beni prima di 20 anni dalla donazione o di 10 anni dalla morte del donante, infatti, può scattare il meccanismo della reintegrazione a favore dei legittimari se il donante abbia disposto di più della quota di cui poteva effettivamente disporre (c.d. quota disponibile), ledendo così la quota di legittima. Inoltre, le stesse donazioni effettuate in vita potrebbero rientrare in gioco dopo la morte del donante anche per effetto del diverso sistema della collazione ereditaria.
In tema di donazioni, due recenti sentenze della Cassazione hanno affrontato alcune delle questioni più controverse e discusse, fornendo interpretazioni che potrebbero portare a rivedere la donazione come valido ed importante strumento per la pianificazione patrimoniale.
In particolare, la Cassazione è intervenuta in tema di donazioni indirette con la sentenza n. 7442/2024, affermando a) che sono tali tutti quegli atti di liberalità effettuati senza la forma solenne dell’atto notarile pubblico prevista per il contratto di donazione e che, b) per tali atti, se effettuati tra genitori e figli, non c’è obbligo di tassazione.
La tassazione sarà dovuta solo se questo genere di liberalità risulta da atti sottoposti a registrazione, in caso di registrazione volontaria o, se dichiarato e di valore superiore ad un milione di euro. Costituiscono donazioni indirette, ad esempio, il trasferimento a mezzo bonifico di denaro da parte dal donante al donatario o la cointestazione, con firma e disponibilità disgiunta, di una somma di denaro depositata presso una banca, qualora risulti che tale somma, al momento della cointestazione, era di proprietà di uno solo dei contestatari.
La sentenza 982/2024 chiarisce, invece, la differenza tra spirito di liberalità e negozio fiduciario.
Il caso riguardava la vicenda di un genitore che, da un lato, aveva deciso di donare al coniuge tutti i suoi beni per sottrarli così ai propri creditori. Impugnata la donazione da parte del figlio, perché sarebbe avvenuta non per spirito di liberalità del donante nei confronti della donataria, ma solo per proteggere il patrimonio familiari da aggressioni di terzi, la Cassazione ha affermato (invece) che l’animus domandi consiste nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale, senza che vi sia alcun obbligo di natura giuridica o morale e, soprattutto, senza che rilevino le eventuali motivazioni del donante che hanno valenza neutra rispetto all’atto di liberalità. Quindi la donazione è salva.
Diverso è, invece, il concetto di negozio fiduciario, che presuppone l’esistenza di un c.d. pactum fiduciae, un accordo, anche verbale, tra fiduciante e fiduciario che in ogni caso deve essere opportunamente provato.
Infine, da segnalare una recente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (Circolare AdE 29/E del 19 ottobre 2023), che ha di fatto abolito il coacervo ereditario, sistema per cui quando tra un donante e uno donatario ci sono state più donazioni nelle donazioni successive si deve (n.b. doveva) considerare anche il valore delle precedenti al fine di verificare il superamento o meno della franchigia esente da imposizione (ad es., donazione da padre a figlio per euro 600 mila euro e successiva donazione di altri 500 mila euro: per effetto del coacervo, il valore delle due donazioni andava sommato, quindi 600 mila + 500 mila = 1 milione e 100 mila euro, e dunque la seconda donazione sarebbe stata tassata solo per euro 100 mila, pari alla differenza tra 1 milione e 100 mila (somma totale delle due donazioni) e 1 milione, valore della franchigia esente).
Per effetto di tale abolizione, quindi, il valore delle donazioni fatte in vita dal defunto in favore degli eredi non dovrà essere conteggiato ai fini del calcolo della franchigia.
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