Dichiarazione di successione e donazione, le novità in vigore dall’1.1.2025
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In caso di società cancellata dal Registro delle Imprese ed estinta, come devono essere trattati i rapporti sociali preesistenti e, soprattutto, qual è la sorte dei debiti non ripagati e chi eventualmente ne deve rispondere?
Chi subentra alla società in caso di sua estinzione?
Come per le persone fisiche, a seguito della liquidazione e cancellazione anche per le società si apre la successione o, meglio, inizia un meccanismo di tipo successorio, che coinvolge liquidatori, soci e creditori sociali.
Esaminiamo le particolarità di questa vicenda.
Quello della società cancellata dal Registro delle Imprese e degli effetti che derivano dalla sua estinzione è un tema particolarmente insidioso, sia per i molteplici aspetti che è necessario valutare, sia per le diverse interpretazioni che nel tempo sono state fornite dalla sentenze che sono intervenute sull’argomento.
C’è poi la questione, non secondaria, di come si sia arrivati alla cancellazione della società, a seguito di una fase di crisi gestita attraverso una delle procedure previste dalla legge e dal Codice della Crisi d’Impresa, come extrema ratio per sottrarsi alle pretese dei creditori o per altri motivi.
È facile intuire che a seconda dei meccanismi posti in essere per cancellare la società, possono derivare o meno conseguenze e responsabilità per i soggetti coinvolti.
L’estinzione della società comporta un meccanismo di tipo successorio che ha caratteristiche del tutto particolari, derivanti dal tipo di responsabilità dei soci per i debiti sociali nelle differenti tipologie di società.
Nell’ambito delle società di capitali, – dal momento che per le società di persone vi è il meccanismo della responsabilità illimitata -, in questa situazione è necessario tutelare da un lato la posizione dei creditori della società, che mantengono il proprio diritto, però nei confronti dei soci e non più della società, ormai inesistente (ndr: se l’estinzione della società comportasse anche il venire meno dei debiti sociali ancora insoddisfatti, significherebbe permettere al debitore (cioè alla società cancellata) di disporre unilateralmente del diritto altrui).
Dall’altro lato, i soci non rispondono illimitatamente, anzi il perimetro della loro responsabilità è ben definito dall’art. 2495 c.c., II comma, che stabilisce una responsabilità limitata ai conferimenti a loro destinati in sede di liquidazione.
Il socio risponderà del debito sociale solo se in sede di liquidazione ha incassato una qualche somma.
I creditori sociali potranno inoltre agire nei confronti del liquidatore, se il mancato pagamento è dipeso dalla condotta di questi.
Tuttavia, ricade in capo al creditore l’onere di provare l’esistenza del credito, l’inadempimento da parte della società e, in particolare, la condotta dolosa o colposa del liquidatore, oltre al nesso di causalità con il mancato soddisfacimento del credito.
Quindi, il creditore sociale rimasto insoddisfatto che intenda agire nei confronti del liquidatore dovrà dimostrare l’esistenza, nel bilancio finale di liquidazione, di una massa attiva che sarebbe stata sufficiente a soddisfare il suo credito e che invece è stata distribuita ai soci, oppure la sussistenza di una condotta dolosa o colposa del liquidatore cui sia imputabile la mancanza di attivo.
Tra i vari rapporti da definire a seguito della liquidazione e cancellazione della società vi sono anche quelli con l’Agenzia delle Entrate e, in particolare, i debiti fiscali che, per la loro natura meritano un’attenzione particolare.
Sono due le norme che bisogna tenere in considerazione:
Queste disposizioni stabiliscono una sorta di “sopravvivenza” della società per quanto riguarda i rapporti con il Fisco oltre alla responsabilità del liquidatore, a condizione che il debito tributario fosse certo ed esigibile in capo alla società e non sia stato pagato in sede di liquidazione o che risultasse iscritto almeno a ruolo provvisorio.
Per azionare tale responsabilità del liquidatore, l’Agenzia delle Entrate non è tenuta a dare alcuna dimostrazione di mala gestio da parte dello stesso, spettando piuttosto a quest’ultimo fornire la prova di aver adempiuto all’obbligo di soddisfacimento privilegiato dei crediti tributari.
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