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L’invincibile (?!?) scudo delle misure protettive nella crisi di impresa

Le misure protettive sono lo strumento previsto dal Codice della Crisi di Impresa per favorire e agevolare il successo della composizione negoziata della crisi (ndr: oltre che degli altri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e della liquidazione giudiziale).
Ma qual è l’effettiva e reale efficacia di queste misure?

“Un’impresa è solida non perché evita le crisi, ma perché sa come gestirle.”

I presupposti e l'attivazione delle misure protettive

La definizione puntuale di cosa siano le misure protettive si trova all’interno dello stesso Codice della Crisi, il cui articolo 2, lett. p), chiarisce che sono tali “le misure temporanee richieste dal debitore (ndr: da qui la natura volontaria delle stesse) per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, anche prima dell’accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza“.

Il ricorso alle misure protettive deve collocarsi all’interno di un piano di risanamento della crisi.
L’imprenditore può avvalersi di misure di protezione del proprio patrimonio solo se queste sono strumentali a consentire il proficuo svolgimento delle trattative il cui scopo finale è quello del risanamento dell’impresa, ossia al superamento dello stato di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario dell’impresa e alla prosecuzione della sua attività. Non è quindi sufficiente  la volontà espressa dall’imprenditore di instaurare delle trattative con i debitori ma è necessario che questo alleghi e dimostri l’esistenza di una finalità di tutela del patrimonio o dell’impresa in una prospettiva di effettivo avvio di un percorso di risanamento.

Tornando alla composizione negoziata, nelle intenzioni del legislatore dovrebbe rappresentare l’istituto principe nella gestione della crisi.
Tuttavia, ad oggi, le statistiche di Unioncamere indicano in poco meno di 800 le procedure già avviate (comunque in decisa crescita rispetto all’anno precedente, ma con una percentuale di chiusura positiva intorno al 12%).
Quello che si registra, però, è un crescente ricorso alle misure protettive per poter bloccare eventuali azioni esecutive e/o cautelari da parte dei creditori (c.d. automatic stay), a conferma della sempre maggiore consapevolezza dell’importanza di tale strumento.

L’attivazione delle misure protettive non è più una conseguenza automatica della richiesta di apertura della composizione negoziata della crisi, ma è rimessa ad una apposita istanza da parte del debitore, da depositarsi contestualmente all’istanza di nomina dell’esperto o ii) con successiva istanza.

L’accoglimento dell’istanza di concessione delle misure protettive, però, è subordinato alla verifica positiva circa l’esistenza di due presupposti fondamentali:

  • la ragionevole possibilità di perseguire il risanamento aziendale tramite l’avvio di trattative con i creditori, cioè la situazione di crisi deve apparire reversibile (anche, ma non solo, sulla base del risultato del c.d. test pratico). Diversamente, le misure protettive non possono essere concesse nel caso in cui piano di composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa abbia dichiaratamente carattere liquidatorio;
  • l’esistenza di un possibile danno che potrebbe derivare dall’instaurazione o prosecuzione di un’azione esecutiva e/o cautelare.

In ogni caso, le misure protettive, oltre, come detto, ad essere finalizzate ad assicurare le trattative, devono essere proporzionate al pregiudizio arrecato ai creditori, cioè deve essere valutato e previsto un adeguato bilanciamento delle posizioni debitore/creditori.

L'opportunità di ricorrere o meno alle misure protettive

Così come descritte sinora, le misure protettive sembrerebbero uno strumento al quale è sempre opportuno ricorrere, non essendovi all’apparenza controindicazioni di sorta.
Bisogna, però, fare alcune precisazioni.
Quello della composizione negoziata è, come dice il nome, un meccanismo di natura negoziale, contrattuale, tra debitore e creditori (ed eventuali garanti), in cui non è previsto il necessario intervento del Tribunale (ossia del giudice che, quindi, non dirige in alcun modo la procedura né esercita poteri di controllo nei confronti dell’imprenditore o dell’esperto).
È facile comprendere come questo aspetto attribuisca alla composizione negoziata una particolare caratteristica di riservatezza durante tutto lo svolgimento delle trattative. Dal punto di vista reputazionale e per quello che interessa agli imprenditori, questo significa non dovere necessariamente “mettere in piazza” e rendere pubbliche le difficoltà dell’azienda.

Il ricorso alle misure protettive, però, cambia tutto. Le stesse devono essere concesse dal Tribunale (al massimo per 240 giorni) e la richiesta di misure protettive deve essere pubblicata nel Registro delle Imprese, e, dunque, viene meno proprio la riservatezza che caratterizza la misura (e questo potrebbe rappresentare un deterrente al ricorso alla composizione negoziata).

Dalla data di pubblicazione della richiesta di misure protettive nel Registro delle Imprese:

  • i creditori interessati non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore, né possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul suo patrimonio o sui bene e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa;
  • non può essere pronunciata la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale.

Le misure protettive possono riguardare tutti i creditori o, se l’imprenditore lo richiede, solo una parte degli stessi o una parte delle iniziative degli stessi.
Invece, i diritti di credito dei lavoratori sono sempre esclusi dalle misure protettive.

Le misure protettive possono anche impedire che vengano interrotti i contratti pendenti ed in corso di esecuzione per effetto della domanda di accesso alla composizione negoziata o, soprattutto, in dipendenza dell’esistenza di una pregressa morosità.
A tal proposito è necessaria una precisazione per quanto riguarda gli affidamenti bancari, tema sulla quale è intervenuto anche il Terzo Correttivo al Codice della Crisi di Impresa.
L’art. 16 CCII, V comma, prevede che:
La notizia dell’accesso alla composizione negoziata della crisi e il coinvolgimento nelle trattative non costituiscono di per sé causa di sospensione e di revoca delle linee di credito concesse all’imprenditore né ragione di una diversa classificazione del credito”.

La richiesta di composizione negoziata, – alla quale ora può accedere anche l’imprenditore in stato di insolvenza -, non costituisce di per sé causa di sospensione e di revoca delle linee di credito concesse all’imprenditore né ragione di una diversa classificazione del credito, cioè non comporta automaticamente la qualificazione del credito come UTP (o NPL) e pertanto in default ai sensi della disciplina prudenziale europea.
Un’eventuale sospensione o revoca delle linee di credito determinate dalla applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale oltre che comunicata agli organi di amministrazione e controllo dell’impresa, dovrà essere debitamente motivata.

Qualora le banche e gli intermediari finanziari, i mandatari e i cessionari dei loro crediti agissero comunque in violazione di tale disposizione, potrebbero essere individuati profili di responsabilità in caso di fallimento della composizione negoziata dipendente dalla revoca o modifica degli affidamenti.

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