L’invincibile (?!?) scudo delle misure protettive nella crisi di impresa
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In tema di cessione di azienda e responsabilità dell’acquirente, la regola generale e non derogabile, prevista dall’art. 2560 c.c. stabilisce che, oltre al venditore, anche il cessionario risponda dei debiti aziendali che risultano dai libri contabili obbligatori. A seguito della cessione, si crea, dunque, un vincolo di solidarietà tra alienante ed acquirente dell’azienda.
Per tutelarsi adeguatamente prima del perfezionamento dell’atto di cessione quest’ultimo dovrà quindi verificare con attenzione la situazione del complesso aziendale o, per certe tipologie di debiti, avvalersi della protezione garantita da strumenti offerti dal nostro ordinamento (come il certificato di debenza), purtroppo ancora poco conosciuti ed utilizzati.
Se la situazione di cui abbiamo detto sinora riguarda, in particolare, i debiti aziendali già “cristallizzati” e risultanti dai libri contabili, l’acquirente dell’azienda deve fare i conti (ndr: appunto…) anche con le situazioni contrattuali in divenire e non ancora definite.
Sulla questione è intervenuta recentemente la Cassazione (sentenza n. 8055 del 30.3.2018) che ha precisato, restringendolo, l’ambito di applicazione dell’art. 2560 c.c.
Secondo la Suprema Corte, l’art. 2560 c.c. non trova applicazione con riferimento a debiti ricollegabili a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato a norma dell’art. 2558 c.c.
In particolare, il carattere non definito della posizione contrattuale deriva, – come ad esempio per i contratti di somministrazione di gas, energia elettrica -, dal fatto che si tratta di contratti ad esecuzione continuata e periodica (che si caratterizzano come negozio unitario pur nel ripetersi degli atti di esecuzione e nel quale la periodicità o la continuità delle prestazioni si pongono come elementi essenziali del contratto stesso, in funzione di un fabbisogno del somministrato).
Per tali posizioni in divenire , dunque, la responsabilità dell’acquirente rientra nell’ambito della più generale sorte del contratto (purché, ovviamente, non già del tutto esaurito), anche se in fase contenziosa al tempo della cessione dell’azienda.
In altre parole, la sorte dei rapporti contrattuali pendenti all’atto del trasferimento dell’azienda (come pure nel momento della sua restituzione, dopo la cessazione convenzionale dell’affitto) non è regolamentata da quanto prevede l’articolo 2560, ma rientra semmai nella previsione di un’altra disposizione, specificamente dettata allo scopo di disciplinare la sorte delle vicende aziendali, ossia quella contenuta nell’art. 2558 c.c.
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