L’invincibile (?!?) scudo delle misure protettive nella crisi di impresa
Nell'ambito delle procedure di composizione della crisi di impresa, un ruolo particolare è occupato dalle...
Sempre più frequentemente, tra i servizi richieste dalle aziende vi sono anche quelli relativi alla gestione e al recupero dei crediti verso clienti.
Capita spesso, però, che i professionisti cui viene affidata tale attività, siano essi legali o società di recupero crediti, trascurino del tutto gli aspetti fiscali e contabili di tale attività, con ripercussioni anche negative sul cliente.
Le disposizioni del codice civile in materia di bilancio stabiliscono che i crediti vanno indicati tenendo conto del valore di presumibile realizzo (art. 2426, I co., n. 8 c.c.). Come comportarsi, invece, per quanto riguarda le perdite su crediti, ossia, in altri termini, i crediti non recuperabili?
Innanzitutto, è opportuno ricordare che, dal punto di vista civilistico le perdite su crediti differiscono dalle svalutazioni (anche per quanto riguarda la loro regolamentazione giuridica, e precisamente art. 101, comma 5, Tuir per le perdite sui crediti e, invece, art. 106, comma 1 e 2, Tuir per la svalutazione dei crediti).
Quindi, mentre le svalutazione sono conseguenza di un procedimento di carattere valutativo
La determinazione e, quindi, la corretta rilevazione contabile delle perdite su crediti derivano invece dalla presenza di elementi “certi e precisi” atti a ridurre in tutto o in parte il valore inziale del credito.
Tali costi sono classificabili nella voce B.14 “Oneri diversi di gestione” del conto economico, previo l’utilizzo dell’eventuale fondo svalutazione crediti. La perdita su crediti rientra nei componenti negativi di reddito, deriva da un evento certo e definitivo per effetto del quale il credito non è più esigibile, in tutto o in parte.
Secondo l’art. art. 2426, I co., n. 8 c.c., i crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato (salvo che gli effetti di tale valutazione siano irrilevanti, ossia i crediti abbiano scadenza a breve termine, cioè inferiore a 12 mesi), tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo.
Questa disciplina, introdotta dal D.Lgs. 139/2015 si applica alle imprese di medio-grandi dimensioni, che ricadono nei limiti di applicazione del bilancio in forma ordinaria, mentre le piccole e le micro-imprese (art. 2435-bis c.c.) possono, invece, non applicare tale criterio, utilizzando invece la valutazione nominale.
In entrambi i casi, i crediti vanno sempre indicati in bilancio tenendo conto del valore di presumibile realizzo (art. 2426, comma 1, n. 8 c.c.). Per tale motivo, successivamente alla rilevazione iniziale, se il credito si riduce in tutto o in parte, in ragione di un qualche evento certo e definitivo, ilvalore di iscrizione deve essere rettificato, rilevando come contropartita una perdita su crediti.
Sulla base di quanto stabilito dal principio Oic 15, par. 26, le perdite realizzate su crediti (es. a seguito di un riconoscimento giudiziale inferiore al valore del credito, da transazione o da prescrizione) sono classificate:
Per quanto riguarda la disciplina fiscale, ai fini della deducibilità delle perdite su crediti, l’aart. 101 Tuir stabilisce che è necessario distinguere tra crediti vantati nei confronti di:
Mentre nel primo caso, le perdite su crediti sono deducibili “in ogni caso”, – dal momento che la perdita si cristallizza con certezza alla data di apertura della procedura concorsuale -, nel secondo caso le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi.
l’onere probatorio circa l’esistenza di tali elementi grava sempre sul contribuente (Cass., 14568/2001).
Al di fuori di qualsiasi automatismo (dovendo ogni situazione essere analizzata autonomamente), si potrà ritenere verificata tale situazione, ad esempio, in caso di fuga o irreperibilità del debitore, impossibilità di notificare gli atti giudiziari o in caso di oggettiva convenienza a rinunciare al credito, anche in considerazione della loro modesta entità (inferiore ad Euro 2.500,00 o 5.000,00 per imprese che hanno conseguito un volume d’affari o ricavi non inferiori ad Euro 100.000.000,00).
In questo contesto assumono rilevanza le lettere dei legali (Cass. 3862/2001) o le relazioni negative rilasciate dalle agenzie di recupero crediti (art. 115 Tulps), nelle quali andranno esplicitate le motivazioni per cui l’inesigibilità sia divenuta definitiva, fornendo se del caso adeguata documentazione giustificativa.
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