Motivi per chiedere la revoca dell’amministratore di sostegno.
In quali casi è possibile chiedere ed ottenere la revoca...
Una volta che è stato nominato l’amministratore di sostegno è possibile chiederne la revoca e toglierlo? A quali condizioni è possibile e come bisogna fare?
Insieme a quelle sul rendiconto, le domande su come togliere l’ads sono tra le più frequenti quando si parla di amministrazione di sostegno.
La revoca dell’ads è una possibilità prevista dal codice civile, ma è importante capire come essa si colloca all’interno di tutta la procedura perché è possibile chiederla e, soprattutto, ottenerla solo a determinate condizioni.
Tra le varie indicazioni che contiene il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, c’è anche quella relativa alla durata dell’incarico: per un unico atto, a tempo determinato o indeterminato.
Escludendo la prima delle tre possibilità (per un unico atto), una volta nominato l’ads è tenuto a mantenere l’incarico e a svolgere quanto indicato nel decreto per il periodo di tempo stabilito dal Giudice Tutelare. Possono però verificarsi situazioni in cui svariati motivi sia necessario o si intenda chiedere la revoca dell’ads già nominato.
L’art. 413 del codice civile prevede espressamente questa possibilità.
Innanzitutto, da chi può essere chiesta la revoca? Così come per la nomina, anche la revoca non può essere chiesta da chiunque, ma solo dai soggetti indicati dalla norma, ossia il beneficiario, l’amministratore di sostegno, il pubblico ministero, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado o dagli affini entro il secondo grado o dai responsabili dei servizi sociali (ndr: cioè, in sostanza, da tutti i soggetti che possono richiedere la nomina).
L’articolo continua precisando che per la revoca è necessario rivolgere una istanza motivata al giudice tutelare, il quale, una volta acquisite le necessarie informazioni e disposti gli opportuni mezzi istruttori, deciderà con decreto motivato,
Ma i presupposti per la revoca?
L’articolo ne indica espressamente solo uno, ossia quando la misura dell’amministrazione di sostegno si sia rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario.
In questo caso, il giudice tutelare può dichiarare la cessazione dell’ads anche d’ufficio, cioè senza necessità di un’apposita istanza (ndr: in tale eventualità, il giudice tutelare potrà eventualmente promuovere giudizio per l’interdizione o l’inabilitazione del beneficiario, ma del passaggio da una misura di protezione ad un altra ne parlerò in un altro articolo).
La dicitura utilizzata dall’art. 413 è volutamente generica e ampia (“quando la misura (…) si sia rivelata inidonea” per “la piena tutela del beneficiario“), in modo che in essa possano rientrare diverse casistiche.
Immaginiamo, ad esempio, l’ads nominato a beneficio della persona affetta da patologia psichiatrica, che ponga in essere atti auto e etero lesivi: in questo caso, la misura già disposta potrebbe rivelarsi non adeguatamente “protettiva” e rendersi quindi necessario intervenire in misura più pregnante con l’interdizione.
Ancora, l’interdizione può essere la scelta più adeguata nei casi in cui il beneficiario abbia un patrimonio mobiliare e immobiliare di considerevole valore, che necessiti di continue e complesse autorizzazioni giudiziarie per essere gestito. In queste circostanze, l’amministrazione di sostegno potrebbe risultare meno efficiente e pratica per garantire una protezione integrale del soggetto.
Un’ulteriore questione in materia di revoca dell’ads riguarda l’avvocato che riceva un incarico specifico dal beneficiario per richiedere, appunto, la revoca dell’ads.
In questa situazione potrebbe configurarsi il reato di circonvenzione di incapace?
Sull’argomento si è espressa la Cassazione la quale, partendo dal fatto che il reato di circonvenzione di incapace ha natura di reato di pericolo (e che si consuma nel momento in cui viene compiuto l’atto idoneo a procurare un qualsiasi effetto giuridico dannoso per la persona offesa o per altri), ha stabilito che in tale situazione non vi sarebbe alcun “pericolo” di danno, in quanto l’azione in ipotesi pregiudizievole, ovvero la revoca dell’amministratore di sostegno, non dipende dai ricorrenti, ma dall’Autorità giudiziaria.
Oltre a quanto detto in precedenza, ci sono anche altre situazioni in cui il giudice potrebbe decidere di intervenire sull’incarico già affidato, ma non tanto disponendo la revoca della misura già concessa, quanto piuttosto la sostituzione dell’ads, sono i casi in cui quest’ultimo abbia commesso violazioni o si sia in qualche modo reso inadempiente nello svolgimento dell’incarico.
Così, il comportamento dell’ads che abbia richiesto ed ottenuto dal beneficiario o dai suoi parenti/conoscenti un compenso per il proprio incarico costituisce una palese e grave violazione del principio di gratuità dell’Ufficio e contraddice lo stesso spirito della l. 6/2004. Tale comportamento dall’ads costituisce valido motivo per la sostituzione dell’amministratore già nominato.
Ugualmente, potrebbe essere rimosso dall’incarico (e sostituito) l’ads che, senza alcuna motivazione plausibile, non svolga concretamente quanto affidatogli dal giudice o lo svolga senza alcuna diligenza o con ritardo rispetto ai tempi che sarebbero necessari, rendendosi così inadempiente.
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